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SALERNO - Chiesa san Giorgio #laculturanonsiferma


chiesa san Giorgio interno

Fotografia Vincenzo D'Antonio

 

Una modifica progettuale del complesso, certamente, deve essere intervenuta nella seconda metà del XVI sec. con la riunificazione dei monasteri femminili della città disposta dal papa Sisto V e la convergenza in San Giorgio delle monache dell’Ordine Benedettino. Ovviamente, il loro accresciuto numero richiese un adeguamento anche delle strutture. Per questo motivo il monastero fu sottoposto ad una serie di lavori e le suore furono temporaneamente trasferite in uno dei monasteri lasciati vuoti. I lavori per il nuovo monastero, denominato di San Giorgio e Santo Spirito, vengono appaltati nel 1590 al maestro fabbricatore Giovan Bernardino Iovane . Ma nel corso del Seicento, completata la fabbrica del monastero, i lavori furono concentrati soprattutto sulla chiesa.

Nel 1645 essa non viene visitata perché Altare maius et alia altaria sunt denudata, quia Ecclesia de novo reficitur (Caputo1988, p.131). La nuova struttura viene inaugurata nel 1674 come si evince dalla scritta apposta sulla controfacciata chiusa appunto da questa data. Alla fine del Seicento e ad ultimazione dei lavori, stando alle parole della badessa Isabella Pinto, la chiesa doveva essere la più vaga della città ed una delle più vaghe del viceregno (A.D.S., Fondo Religiosi, b. B 336 “ San Giorgio 1674-1705”). La sua configurazione architettonica, però, risente della cultura controriformista e tardomanierista. Essa, infatti, è stata costruita per setti murari trasversali, il cui tamponamento corrisponde alle cappelle laterali, con un corpo centrale quadrangolare che regge la cupola centrale. Questa diventa il fulcro della spazialità dell’edificio con l’altare maggiore, alle cui spalle un profondo prolungamento doveva dar vita al coro, che nel 1702 sarà chiuso con una lunga parete verticale alle spalle dell’altare maggiore dando vita all’attuale sacrestia . Il lungo corpo longitudinale, in alto, è scandito da finestre con volte a botte e vele unghiate. Tale impostazione generale riprende illustri e coevi esempi napoletani, quale si può riscontrare nella chiesa dei SS. Apostoli.

A distanza di pochi anni le suore denunciano il grave stato di dissesto dell’intero monastero e chiedono il permesso di poterne effettuare il restauro ovvero ricostruirlo daccapo. E’ questo il periodo in cui interviene proprio in San Giorgio Ferdinando Sanfelice, il più celebre architetto napoletano della prima metà del Settecento. Del suo progetto ci parla già Bernando De Dominici il quale afferma Fece la pianta nuova del Monistero delle Monache di S.Giorgio, che ne è terminato un braccio dalla parte della strada poblica, e considerando, che dovendosi fare sopra il refettorio il corridore colle celle delle suddette Monache, acciocche le mura poggiassero sul sodo diviso il detto refettorio in tre navi, una grande nel mezzo, e due piccole nelli laterali, col ponerci bellissime colonne di marmo accosto alle boffette, dove si cena, sopra le quali stanno situate le muraglie delle celle, e nella nave picciola vi hanno fatto certi loggini avanti a ogni cella , che sono riuscite magnifiche e comode. Nell’angolo della strada vi è situata una scala ottangolata, per la quale si ascende a tutti li dormitori superiori , e poi termina con un Belvedere dal quale si scuopre non solo la Città ma tutti i paesi convicini. Questa descrizione risponde con ogni evidenza al lato settentrionale, quello oggi occupato dalla Guardia di Finanza, e presenta non poche manomissioni a cominciare dall’abbattimento dello scalone monumentale per far posto all’ascensore, alla chiusura delle logge con un’ampia veranda. Ancora ben individuabile è il refettorio con le sue colonne pregiate, oggi destinato a sala di rappresentanza.
Antonio Braca

 

 



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