Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Salerno e Avellino
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SALERNO L’esperienza Teatrogruppo «Trasformiamola in storia». Articolo di stampa tratto da la CITTA' del 14 luglio 2017 a cura di Lucia D'Agostino

17 luglio 2017

Paolo Apolito con altri protagonisti ha ricordato l’iniziativa nata negli anni ’70 Il Comune avrà un ruolo attivo per il riconoscimento nel patrimonio Unesco 

SALERNO / «Un progetto che può diventare ambizioso, non un richiamo alla memoria ma un invito a trasformare l’esperienza del Teatrogruppo in patrimonio di una città; non un’operazione nostalgia ma il richiamo ad una memoria viva da trasformare in storia». In queste parole di Paolo Apolito, uno dei protagonisti di quell’esperienza culturale che fu il Teatrogruppo a Salerno negli anni ’70, si può in qualche modo riassumere il senso della serata di mercoledì dedicata a “Un Patrimonio culturale della città: Il Teatrogruppo di Salerno 1968-1978 10 anni di ricerca” e organizzata nell’ex Convento San Nicola a Salerno dalla Soprintendenza archeologica belle arti e paesaggio, diretta da Francesca Casule. Una presentazione di quello che può essere considerato l’inizio di un processo di ricerca documentale, grazie al recupero di materiali, immagini e testi, e che mira ad avviare la procedura per il riconoscimento del Teatrogruppo a Patrimonio culturale della città di Salerno. Un iter in cui il Comune avrà un ruolo cruciale con una delibera che dovrà inserirsi nelle iniziative previste dalla Convenzione Unesco del 2003 per la “Salvaguardia del Patrimonio culturale ed immateriale”. È stata Rosa Carafa, della Soprintendenza, ad aprire l’incontro sottolineando come un’operazione del genere consenta ad un’esperienza come quella del Teatrogruppo di non andare dispersa proprio perché inserita nel corpo vivo di una città quando la ricerca utopica legata al teatro, all’animazione nei quartieri ha significato anche svolgere una ricerca di tipo antropologico. «La città è un organismo urbano stratificato complesso. È stato Apolito a sostenere che l’antropologia è guardare a sé stessi come altri. Questa iniziativa ci consente di fare un passo indietro quando l’Università era all’interno delle mura cittadine e ospitava Tullio De Mauro ed Edoardo Sanguineti» così il sindaco di Salerno Vincenzo Napoli nel suo intervento, aggiungendo che bisogna recuperare la memoria dei fatti e reinterpretarli alla luce della contemporaneità, ripercorrere la storia recente nella sua funzione di serbatoio di accadimenti da valutare.
Per Giulio Corrivetti, della Fondazione Ebris, fondamentale è trovare una sinergia tra il linguaggio creativo e quello scientifico ricordando che ogni analisi della realtà non prescinde mai da uno solo degli aspetti, solo così è possibile interpretare i sentimenti di una comunità, cogliendo i diversi codici che ne dicono l’esistenza. Paolo Apolito ha messo l’accento sul senso del tutto definendolo un tavolo di lavoro su una storia che ha bisogno di un luogo nel quale continuare ad esistere, perché è parte della memoria viva di chi c’è e di chi non c’è. Vanno ricordati altri protagonisti come Fiorenzo Santoro, Giuseppe Cesareo, Geppino Gentile, Nunzio Vitale e Gelsomino D’Ambrosio e incursioni del livello di Giuseppe Bartolucci, Filiberto Menna e Achille Mango. Quello del Teatrogruppo non è stato, per Apolito, un esperimento culturale ma politico contenendo i germi della lotta per creare un futuro migliore a cui hanno partecipato più di duecento persone tra bambini e cittadini. A chiudere l’incontro gli episodi di Giustina Laurenzi illuminanti sulla ricerca antropologica del Teatrogruppo un vero e proprio palcoscenico di vita su cui si misuravano le prime, per Salerno, manifestazioni di femminismo; e quelli di Franco Tozza più toccante nella sua rievocazione personale.







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