Torre del Castello. Bisaccia AV
All’epoca del terremoto, lavoravo da circa un anno presso la Soprintendenza del Friuli dove, da funzionario architetto mi occupavo della ricostruzione post sisma. Conoscevo già Mario de Cunzo e circa un mese dopo il 23 novembre del 1980 prendevo servizio presso la Soprintendenza a Napoli. Immediatamente Mario mi assegnò la zona del cratere irpino. Arrivarono altri funzionari architetti in distacco da varie Soprintendenze, ma nell’immediato post terremoto, oltre agli innumerevoli sopralluoghi, quasi giornalieri, accompagnati dalle jeep messe a disposizione dall’esercito, svolgevamo tutte le incombenze burocratiche in un quasi fai da te quali protocollazione dei fonogrammi (non c’erano ancora i fax), dattilografia delle lettere, archiviazione, etc.
Il senso di consapevolezza e di responsabilità che Mario de Cunzo infuse immediatamente in noi, che collaboravamo con lui, riuscì a superare tutti i problemi. All’inizio l’attività si concentrò nel recupero dei beni culturali in pericolo e non mi riferisco solo ai beni artistici (quadri, statue, arredi lignei, crocefissi, affreschi, arredi sacri, etc.), ma anche agli edifici storici che erano riusciti a salvarsi dalle onde sismiche e che rischiavano, però, di essere travolti dalle ruspe in un unico cumulo di macerie. Mi ricordo che i tedeschi, arrivati con i loro enormi caterpillar, radevano al suolo case crollate e case integre nei centri storici al fine di spianare tutto assecondando l’ordine di sgombrare le macere.
Dopo l’immediata emergenza, l’attività della neonata Soprintendenza di Salerno e Avellino, seguendo le intuizioni di Mario De Cunzo, non si limitò solo a restaurare i palazzi e gli edifici pubblici già vincolati, ma avviò una serie di studi e ricerche per sovvertire la diffusa ed errata opinione che restaurare e consolidare fosse più dispendioso che abbattere e ricostruire. La prima versione della normativa di legge post sisma (legge n 219/81) privilegiava, in sostanza, la nuova edificazione con contributi economici più favorevoli rispetto al recupero. Questo significava non solo la distruzione dei centri storici, ma, forse ancora peggio, la nuova edificazione al di fuori dei perimetri urbani devastando, senza una pianificazione adeguata, il territorio agricolo con una enormità di casermoni in cemento armato, considerato che, oltretutto, si aveva diritto ad un incremento volumetrico.L’azione di De Cunzo non si limitò solo a questo, ovviamente.
Si intraprese un esame critico sulle tecniche di consolidamento, allora assai dispendiose e molto remunerative per le imprese. Quando lavoravo nel Friuli, le tecniche di consolidamento si concentravano nelle perforazioni armate con iniezioni di cemento nelle murature e apposizione di rete elettrosaldata agganciata alle murature con chiodature (metodo Fondedile). Si continuava a lavorare così, anche se la seconda scossa del settembre 1976, dopo la prima di maggio, aveva dimostrato l’inutilità di simili tecniche con l’espulsione delle reti elettrosaldate dalle murature. Con De Cunzo si riconsiderarono le antiche tecniche di consolidamento privilegiando le catene e le cerchiature, ad esempio. Tecniche, queste, che risultarono più efficaci e meno dispendiose.
Ciò che seminò De Cunzo ebbe i suoi frutti nel senso che la normativa delle legge 219/81 cambiò favorendo il recupero degli edifici storici ed ora le raccomandazioni del Ministero per i Beni Culturali, nei confronti del consolidamento di edifici storici, prevedono un adeguamento antisismico solo con tecniche tradizionali, escludendo l’uso indiscriminato di perforazioni armate e l’uso del cemento armato. Tutti hanno potuto vedere quanti danni hanno causato i solai e i cordoli in cemento armato sulle chiese sia nel terremoto in Umbria e Abruzzo, che in quello dell’Emilia Romagna. Queste battaglie Mario De Cunzo le ha combattute contro e nonostante i lucrosi interessi delle grandi imprese, tanto che ebbe come avversari i politici irpini del tempo e gran parte dei media.
Noialtri funzionari scherzavamo sul totodecunzo nel senso che quando al Ministero si programma la rotazione dei Soprintendenti, scommettevamo sulle chance che aveva Mario De Cunzo di rimanere, e festeggiavamo poi la sua inamovibilità. Mario De Cunzo non ci lesinava i rimproveri, ma sentivamo sempre e comunque la sua vicinanza. Ci sentivamo protetti da un Dirigente che si prendeva tutte le responsabilità, non demandava e non puntava mai il dito.
In un sopralluogo a Bisaccia, Salverino De Vito, allora sindaco prima di diventare ministro, insisteva caparbiamente affinché acconsentissi alla demolizione della inclinata torre medioevale del castello, in quanto per il supposto pericolo aveva dato ordine di sgombero alle famiglie che abitavano nelle case sottostanti. La torre era pendente da sempre per vecchie frane, delle quali Bisaccia era vittima, non presentava alcun danno per il terremoto. Una parte della popolazione era molto agitata nei miei confronti, tanto che mi dovettero difendere i due militari dell’esercito che mi accompagnavano con la jeep. La torre e tutto il castello sono stati restaurati e ancora sfideranno i secoli, ma la stessa buona sorte non è capitata al nucleo storico di Bisaccia.
Guido Gullo
già funzionario architetto della Soprintendenza di Salerno e Avellino
Provincia di Avellino
Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale
MiBACT
Terremoto dell'Irpinia, 40 anni dopo.
Torre del Castello. Bisaccia AV
Corte interna del Castello durante il restauro. Bisaccia AV
Corte interna del Castello dopo il restauro. Bisaccia AV
Il Castello durante il restauro. Bisaccia AV
Il Castello e il borgo sottostante. Bisaccia AV
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