Fin dai tempi più antichi il tratto di mare antistante il promontorio di Punta Licosa, che delimita a sud il golfo di Salerno, è stato per i marinai un punto di riferimento geografico strategico, seppure non privo di condizioni di rischio, per orientarsi nella navigazione. Di questo sono testimonianza i numerosi rinvenimenti archeologici effettuati nei fondali marini da pescatori e subacquei amatoriali di cui si ha notizia già a partire dagli anni ’70 del Novecento. Si tratta di recuperi sporadici di frammenti di anfore e ceppi di ancore che testimoniano il passaggio frequente di imbarcazioni in questo tratto di fascia costiera. Tra questi, il ritrovamento cospicuo di anfore da trasporto in frammenti, individuati tutti in una stessa zona circa 4 miglia al largo del promontorio cilentano, fece pensare a un’imbarcazione che, in seguito a un naufragio, poteva essere affondata con tutto il suo carico.
A partire dalla fine degli anni ’80 del secolo scorso, dunque, presero il via le prime azioni di recupero dei resti del relitto, sotto il controllo dell’allora Soprintendenza per i Beni Archeologici di Salerno, Avellino e Benevento: già dalle prime indagini venne confermata la presenza sui fondali del relitto di una nave commerciale naufragata intorno alla metà del I sec. a.C. Inizialmente, grazie alla collaborazione del CESUB-Centro Subacqueo di Santa Maria di Castellabate, venne recuperato un ceppo mobile di ancora in piombo decorato su un lato con quattro astragali, simboli di benevolenza e fiducia nella buona sorte. Negli anni successivi si proseguì con la prima documentazione fotografica e il posizionamento topografico del relitto, cui seguirono le campagne sistematiche di scavo. Oltre a procedere al recupero del carico, le indagini si concentrarono in diversi settori dello scafo della nave, di cui vennero recuperati pochi frammenti di tavole in legno, alcuni chiodi in rame e ferro, trovati sparsi tra la sabbia, parti dei tubi di sentina e resti poco significativi degli arredi di bordo.
Il carico della nave di Punta Licosa era costituito principalmente da anfore del tipo cosidetto Dressel 1B, circa 100 esemplari, utilizzato solitamente per il trasporto del vino: le anfore furono rinvenute sul fondale per lo più in posizione orizzontale e affiancate tra di loro, probabilmente coricatesi dall’originaria posizione verticale in seguito alla decomposizione dello scafo. Non si può dire con certezza quale fosse la destinazione della nave naufragata a Punta Licosa, forse era in viaggio verso il Mediterraneo aperto ma non è neppure da escludere la possibilità di una rotta in senso inverso, risalente cioè il Tirreno dalle aree del Bruttium (l’odierna Calabria), in antico zona di produzione di vino e proprio di questo tipo di anfore.
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