"don Amedeo" decide di iniziare uno scavo archeologico per mettere in evidenza le strutture del tempio su cui poggia la vecchia torre aragonese conosciuta come castello a mare della Bruca. Appare immediatamente difficile trovare braccianti, soprattutto perché il lavoro da fare sembra a questi molto strano e a volte si rifiutano. Certo, c'è da scavare con pale e picconi ma poi bisogna raccogliere inutili cocci di ceramica da pulire e conservare manco fossero patate; la forza lavoro di tanti uomini, a questi, sembra sinceramente sprecata. Si reclutano allora donne e ragazzi, in fondo sono proprio loro quelli che giorno dopo giorno, pazientemente selezionano, ordinano e puliscono.
Arrivano tutti sulla cima di quel promontorio affacciato sul mare iniziando a mettere in luce i grandi blocchi lapidei dell’edificio quando un vecchio fotografo abituato a riprendere pietre antiche, oggetti rari e semplici pezzi di terracotta, da ricomporre per restituire preziose testimonianze di un passato remoto, decide di immortalare quel momento in uno scatto fotografico.
Ecco allora che il quadro si va a comporre: Le donne per la prima volta hanno la percezione dell'importanza del proprio lavoro e conquistano la scena occupando lo spazio centrale dell'immagine. Si incitano a vicenda e ancor più dimostrano la centralità del proprio ruolo quando consentono ai due più giovani, figli sicuramente di alcune di loro, di disporsi in primo piano.
Gli uomini invece hanno quasi vergogna di dover apparire. Proprio non capiscono il perché si scavino pietre da lasciare li in abbandono. Loro sono contadini, persone che vedono la continuità e la finalità della propria fatica quotidiana: zappare, seminare, piantare per poi raccogliere e conservare. Non riuscendo proprio a ritrovarsi insieme a questa gente inutilmente affaccendata, se ne stanno ai margini, defilati, proprio per attestare quanto siano lontani da queste pratiche. Eppure sono loro gli unici che hanno la dignità di scarpe ai piedi, non certo come le donne, tutte scalze e con il fazzoletto sulla testa, ma fiere e impettite per aver finalmente conquistato la dignità di un ruolo, riconosciuto e finalmente retribuito.
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