Il dipinto Madonna della Neve della Chiesa del Rosario di Forino è più di una immagine devozionale, è un ritratto storico sublimato dall’artista, su indicazione della committenza, in una tela. Il dipinto, infatti, travalica l’aspetto sacro della rappresentazione – il miracolo della Madonna della Neve e la posa della prima pietra per la costruzione della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma da parte di papa Liberio - per trasformarsi in un documento celebrativo di una nobile famiglia che, in un regno cattolicissimo, godeva la protezione delle alte gerarchie della chiesa.
La presenza di una corte di gentiluomini fa supporre che i committenti siano stati i Caracciolo, signori di Forino dal 1604, forse ritratti, in assenza di figure femminili, proprio per celebrare un evento politico di grande rilevanza, l’acquisto del feudo e l’elevazione a principato con bolla del re Filippo III del 12 novembre 1609. In questa rappresentazione di gusto molto teatrale, scenograficamente allestita, aulica ed elegante, con personaggi nobili abbigliati alla moda spagnola, papa e alti prelati , un posto di rilievo è dato all’elemento naturale in primo piano, la neve caduta in agosto, plasmata con sensibilità tutta fiamminga nella materica forma. Anche lo sfondo, come un fondale di scena, propone un paesaggio naturale, delimitato da colli; in secondo piano l’artista, con una nota di chiara derivazione fiamminga, inserisce l’elemento architettonico con Castel Sant’Angelo, la cupola di S. Pietro, torri, chiese e le mura che circondavano la Roma tardo cinquecentesca. Il tutto è avvolto da una tenue luce ad effetto magicamente evanescente. Dalla città, lungo un sentiero, si snoda una lunga processione di preti salmodianti, diretti al luogo dove si è materializzato l’evento divino, in una atmosfera rarefatta, a tratti cupa e notturna.
L’autore di questo dipinto, della cerchia di Ippolito Borghese, sicuramente aveva conosciuto e apprezzato la maniera importata a Roma dai pittori olandesi e subìto l’influenza nello studio del paesaggio di Paul Bril. Infatti lo sfondo posto ai due lati del registro superiore della tela, con le chiome degli alberi caratterizzate da un ricco cromatismo, colori bruni e toni freddi verde-azzurro ravvivati da macchie più chiare, la fattura dettagliata degli elementi naturali, sono tratti tipici della produzione del Bril, ripresi dal Cavalier d’Arpino nella forma del fogliame e nel trattamento della luce. Nell’utilizzo della materia pittorica, plasmata con sensibilità tutta fiamminga, l’artista dimostra una sicurezza di mestiere, soprattutto nell’uso di colori decisi e contrapposti che diventano più chiari e luminosi quando la luce aumenta il loro fulgore, in un crescendo di toni sempre più accesi, articolati e carichi di intensità.
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