La religiosità irpina presenta due aspetti molto spesso antitetici : una storica e profonda spiritualità fortemente legata al culto dei protomartiri cristiani, resa dotta negli scriptorium dei cenobi monastici, nelle accademie culturali e nei circoli filosofici che numerosi fiorirono durante il governo del territorio della famiglia Caracciolo. Questa spiritualità venne poi fecondata dalla fede illuminata di Tommaso d’Aquino, di Alfonso Maria de’ Liguori, di Pompilio Maria Pirrotti, di Gerardo Maiella e dei tanti santi e beati che volsero con fervore la parola di Dio al cuore degli uomini.
L’altro aspetto della religiosità irpina è il legame ancestrale con la terra, un’anima popolare e contadina, legata alla ciclicità delle stagioni, permeata da un sentire in cui convivono miti, leggende, credenze e rituali pagani sui quali si sono sovrapposti culti cristiani, paure ataviche come il male, la malattia e la morte e fede assoluta nelle capacità taumaturgiche di santi, madonne ed anime purganti al quale rivolgersi fiduciosi nelle difficoltà, in un rapporto paritario e confidenziale.
Da secoli in Irpinia l’ex voto è l’oggetto che meglio rappresenta la religiosità popolare, il rapporto del do ut des tra il vovente, cioè colui che chiede la grazia, e l’entità trascendente che, nell’immaginario collettivo, quasi mai rispondente ai canoni dottrinali ma viene connotata di caratteristiche umane. Per tali ragioni nella cultura popolare irpina si tramanda la consuetudine di compensare gli intercessori con un oggetto materiale che attesti la riconoscenza del fedele e ne testimoni la partecipazione al divino nel rapporto con la santità. L’ex voto rappresenta il pegno, la promessa resa dal supplice nelle emergenze, difficoltà e malattie. Nella credenza della gente semplice e devota, si ritiene che porti scarogna non tener fede all’impegno assunto, attirando le ire e la malevolenza dell’intercessore.
Ogni santo ha la sua specificità nell’intercedere presso il Padre strettamente legata alla sua biografia ed agiografia: ad esempio S. Anna viene invocata nelle difficoltà del parto, S. Lucia per le malattie degli occhi, S. Rocco per le piaghe, S. Biagio nelle malattie della gola, S. Agata per i seni, S. Emidio preserva dai terremoti, S. Barbara dai fulmini, temporali e le inondazioni; nello stesso modo l’ex voto ha la sua tipologia legata alla grazia e riferita all’intercessore. La varietà degli ex voto anatomici è aumentata con il progresso e l’evoluzione scientifica del trascorso secolo nel campo della medicina che ha portato alla individuazione di molte malattie organiche. Infatti nei primi decenni del Novecento gli ex voto assumono una forma sempre più specifica, reni, cuore, fegato, pancia, gozzo, arti, mentre in periodo più antico sono a figurazione assai generica, uomini, donne e bambini a figura intera.
Nella cultura popolare irpina ancora persiste la paura dell’influsso malefico che persone dotate di potere, possono trasmettere attraverso lo sguardo, il cosiddetto uocchio. La semplice emicrania, conseguenza dell’occhiatura, di solito viene risolta con una formula di preghiera, tramandata da madre in figlia, accompagnata da un rituale di controprova dell’influsso malefico subito, per il quale si fanno cadere gocce di olio in un piatto d’acqua. Se l’olio si allarga l’occhio si è insediato nella persona e si sciummechéa, ovvero si procede ad allontanare il male versando del sale nell’olio e svuotando il piatto in strada. Anche per difendersi da questo male si richiede la protezione e la grazia divina, con offerte votive. Per questi motivi alcuni ex voto a forma di occhi e i manufatti in corallo non sono legati esclusivamente alla malattia, ma anche alla sfera della ritualità e della magia. Lo stesso doppio valore è attribuito al cuore usato sia come simbolo della grazia ricevuta per le malattie legate all’organo, sia per indicare un atto d’amore del vovente verso il santo.
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