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SALERNO - Cattedrale di san Matteo. Navata meridionale - sarcofago di Giacomo Capograsso #laculturanonsiferma


cattedrale san matteo 23 navata meridionale sarcofago

 


Subito dopo la porticina delle scale di accesso alla cripta, è collocato il sarcofago di Giacomo Capograsso. Il monumento funebre è composto di due parti, la cassa corrispondente al reimpiego di un sarcofago romano, ed il coperchio costituito da una lastra di marmo lavorata a rilievo con tre clipei. I due laterali con lo stemma del casato, mentre quello centrale contiene l'immagine della Madonna con il Bambino. 

La forza scultorea e la qualità del monumento evidenziano una forte influenza della scuola di Tino di Camaino, alla cui bottega va certamente restituita l’opera essendo il maestro già morto da qualche anno. Sulla lastra del coperchio, lungo i bordi, è incisa la scritta: HIC JACET DOMINUS JACOBUS CAPUT GRASSUS DE SALERNO, JURIS CIVILIS PROFESSOR, REGIUS CONSILIARIUS ET FAMILIARIUS AC CURIAE VICARIAE REGNI JUDEX/ OBII T ANNO DOMINI MCCCXL DIE DOMINICO PENULTIMO JULII VII IND./ CUIUS ANIMA PER MISERICORDIAM DEI REQUIESCAT IN PACE. AMEN. La data 1340 fornisce una preziosa indicazione cronologica circa il periodo del reimpiego. Il sarcofago presenta il fronte principale decorato da uno sviluppo simmetrico di strigilature convergenti verso il centro costituito dal clipeo contenente il mezzobusto del defunto, mentre su ciascun lato è tagliato un pannello verticale, nel quale a sinistra è scolpita una figura maschile ed a destra una femminile. La tipologia del sarcofago restituisce una datazione fra III e IV secolo.

Sormonta il sepolcro, ma senza alcun rapporto storico con esso, una Crocifissione in stucco anch’essa di fattura gotica databile al XIV secolo inoltrato. Probabilmente si tratta dei resti di un complesso monumentale più articolato, in quanto dalle fonti letterarie si sa che vi si trovava il sepolcreto della famiglia Stellati.

Antonio Braca, Guida illustrata alla Cattedrale di San Matteo, 2018 by Opera edizioni, Salerno

Fotografia di Michele Calocero

 

 



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