Subito dopo l’iconostasi inizia la zona del coro, che immette all’area presbiteriale e con essa costituisce un tutt’uno. In origine costituiva la schola cantorum, secondo un modello iniziato a Montecassino e diffuso nelle chiese laziali della Riforma fra XI e XII secolo. Questa disposizione era prevista nell’area davanti all’altare, a differenza degli impianti nordici che, invece, collocavano il coro alle spalle ovvero nell’abside centrale. ♦️
Probabilmente in occasione del primo centenario del duomo ci furono lavori importanti di completamento. Fra questi certamente c’è stata l’intera area del coro. In questa occasione oltre ai due amboni ed all’iconostasi è stato realizzato anche il pavimento musivo del coro, in rapporto con quello del transetto, fatto realizzare dall’arcivescovo Romualdo I, 1121-33. I mosaici sono disposti secondo una logica romana con una fascia centrale, che assecondava il percorso dei chierici verso l’altare e viceversa, con grossi pannelli laterali di copertura dello spazio rimanente. Tecnicamente, essi conservano gran parte del repertorio figurativo delle maestranze campano-laziali della prima metà del XII secolo e non sono assimilabili a quelli siciliani. Secondo fonti letterarie anch’esso va restituito alla committenza di Romualdo II Guarna. Antonio Braca, Guida illustrata alla Cattedrale di San Matteo, 2018 by Opera edizioni, Salerno Foto di Corradino Pellecchia
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