Il monastero di San Giorgio, oggi trasformato in caserme della Guardia di Finanza nel lato nord e dell’Arma dei Carabinieri a sud, costituisce uno dei più antichi insediamenti monastici di Salerno.
La sua origine è contemporanea all’insediamento longobardo. La prima menzione, infatti, si trova in un diploma dell’ 819, successivo di soli trenta anni al complesso palatino di San Pietro a Corte, fondato da Arechi II nel 787, che sorge proprio di fronte e a breve distanza. Nel documento esso viene indicato come dipendenza del prestigioso monastero benedettino di San Vincenzo al Volturno e viene definito cellam Sancti Georgi infra salernitanam civitatem . Con questa dizione viene citato in diversi altri diplomi che confermano la dipendenza da San Vincenzo al Volturno.
Un primo profilo delle vicende medievali del monastero è stato tracciato dal Cassese , integrato recentemente dalla Galante, la quale ha completato la pubblicazione delle pergamene e di alcuni documenti del Fondo conservato presso la Biblioteca Provinciale . Probabilmente all’inizio doveva trattarsi di un semplice insediamento, successivamente ampliatosi in una vera e propria struttura monastica. Nel 1163 esso risulta essere passato alla dipendenza dell’Arcivescovo di Salerno.
Un altro momento fondamentale della vita del cenobio si verifica negli ultimi decenni del XVI secolo, quando in seguito al Breve di papa Sisto V, i monasteri femminili della città vengono unificati secondo l’Ordine di appartenenza. E a San Giorgio vengono trasferite tutte le monache benedettine di Santa Sofia, San Michele e Santa Maria Maddalena insieme ai loro cospicui beni.
Durante il decennio francese il monastero non rimase aperto . La sua chiusura definitiva, invece, avvenne dopo l’Unità d’Italia, nel 1866. Sopravvisse solo la chiesa che venne affidata alla municipalità, mentre le strutture monastiche diventarono demaniali e destinate a caserme militari. Antonio Braca
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