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SALERNO - Cattedrale di San Matteo, 6 maggio 954, la traslazione del corpo di san Matteo (Prima parte) #iorestoacasa #laculturanonsiferma

19 giugno 2020

 


 

Pubblicazione Cattedrale San Matteo 3

Lapide collocata nella cappella di San Matteo ad duo flumina a Casalvelino, una copia si trova all'ingresso settentrionale della scala di accesso alla cripta del Duomo di Salerno

                                           Foglio 71 - Pontificale ad usum Ecclesiae salernitanae 1280

Pubblicazione Cattedrale San Matteo 2

Il sei maggio la Chiesa salernitana festeggia la traslazione delle spoglie di san Matteo da Casalvelino a Salerno. L’evento è certamente il più importante della millenaria storia della Chiesa locale ed è stato coltivato, conservato e venerato fin dai primi momenti. Gran parte degli arcivescovi, consapevoli della eccezionalità del rinvenimento, hanno fatto in modo che si conservasse memoria di quanto accaduto. Grazie al lavoro degli studiosi negli ultimi anni sono state rinvenute diverse redazioni della scoperta delle spoglie del santo e del loro trasferimento a Salerno.

 La prima notizia si trovsa nel manoscritto dell’Anonimo Salernitano Chronicon Salernitanum che al capitolo cap. 165 riporta: In primis temporibus inventum est sacratissimum corpus beati Mathei apostoli in Lucanie finibus, atque cum debito honore per iussionem iam fatti Gisulfi principi Salernum deducitur . Il testo è stato scritto prima dell’anno Mille e, quindi, a ridosso dell’evento.

Molto più dettagliati sono altri due testi, che la critica ritiene redatti a non grande distanza dalla scoperta delle reliquie, il Sermo sancti Paulini e la Translatio sancti Mathei. Il primo racconta il trasferimento delle spoglie del santo dall’Etiopia in Britannia e dalla Britannia alle rive della Lucania ( Cilento). Il secondo, invece, riferisce la leggenda del rinvenimento e della traslazione a Salerno. Entrambi i manoscritti ci sono pervenuti non in originale bensì attraverso copie, le più antiche delle quali risalgono al tardo XI secolo, e che poi sono state ulteriormente copiate e dilatate nel numero e nella diffusione distribuite in biblioteche ed archivi di centri monastici.

Nella Translatio molto esplicitamente viene indicato l’anno 954 seguito dal racconto. Più complessa è l’individuazione del giorno Sei maggio, non citato dalle cronache. La puntualità cronologica segnala un non casuale collegamento fra la data della traslazione e quella delle celebrazioni del santo apostolo antecedenti. Nel Hyeronymus, Martyrologium del VI secolo, infatti, alla data 6 maggio si trova: In Persida, natalis S. Matthaei apostoli et Evangelistae. La medesima data si trova nel Calendario marmoreo napoletano.


IX sec. . Probabilmente per celebrare la traslazione la Chiesa salernitana ha adottato la stessa data in uso in precedenza, diversa da quella del 21 settembre festività del santo. Fin da subito gli arcivescovi salernitani hanno accolto l’arrivo delle reliquie del santo come il più importante onore per la propria Chiesa. Alfano gli dedica una composizione in versi, mentre un secolo dopo Romualdo Secondo, 1153-1181, lo inserisce nel Breviarium Salernitanae Ecclesiae. Una significativa illustrazione dell’evento, in verità anche l’unica, si trova nel Pontificale ad usum Ecclesiae salernitanae, databile intorno al 1280. Gli episodi salienti e più significativi del racconto della traslazione è illustrato con dodici miniature al foglio 71 più quella al centro della pagina, più grande di tutte le altre illustrazioni. La narrazione inizia con il prologo, ossia la richiesta di san Matteo ad una donna di nome Pelagia ed a suo figlio, il monaco Atanasio, di recuperare il suo corpo nascosto in un rudere poco lontano dalla loro abitazione. La figura è ai lati di una croce con l’immagine di Cristo.


Con l’età moderna, sull’onda dei dettami del Concilio di Trento, il prodigioso rinvenimento del corpo di san Matteo fu al centro di rinnovate attenzioni da parte della Chiesa non solo salernitana. L’arcivescovo Marco Antonio Marsilio Colonna, nel 1580, raccolse gran parte delle conoscenze storiche, attinte da antichi manoscritti longobardi presenti nell’Archivio, in un volume dal titolo De Vita et Gestis Beati Matthaei apostoli et evangelistae. Dopo soli tre lustri, nel 1594 l’arcivescovo Mario Bolognini diede alle stampe Officia propria festorum salernitanae ecclesiae contenente gran parte del testo della Translatio. In questi anni di rinnovato fervore per la ricerca agiografica e per la storia della Chiesa i manoscritti vengono inviati al Vaticano dove il cardinale Cesare Baronio inizia a pubblicare gli Annales Ecclesiastici. Copie ed originali di testi antichi vengono raccolti dai Bollandisti e nel 1757 lo Stilting pubblica negli Acta Sanctorum un’ampia analisi critica dei manoscritti e dei volumi a stampa.

L’ampia letteratura successiva, che riceve un nuovo impulso in occasione del millesimo anniversario della traslazione, indica la grande attenzione prestata dagli studi al problema storico e religioso. In questo contesto non può essere non considerata la lapide collocata nella cappella di San Matteo ad duo flumina a Casalvelino, di cui una copia si trova nella sacrestia del duomo. Essa è stata rinvenuta solo intorno alla metà del XIX secolo, pur essendo ben precedente. Il testo inciso, infatti, rievoca la narrazione della traslazione del corpo del santo apostolo, ma la sua redazione è certamente successiva al volume di mons. Colonna, 1580, in quanto si ripete l’errore dell’anno Millecinquanta.
Antonio Braca

Antonio Braca, Guida illustrata alla Cattedrale di San Matteo, 2018 by Opera edizioni, Salerno

 







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